mercoledì 31 luglio 2013

I lavoratori della Pasquinelli questa mattina bloccano il lavoro! In piena estate senza docce e acqua da bere.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

TA. 1.8.13

URGENTE

Al PRESIDENTE ALFEO
COOP. L'ANCORA SERVICE

AL RESPONSABILE AMIU - PASQUINELLI

epc AL PRES. CANGIALOSI AMIU
ALLA PROVINCIA DI TARANTO

OGGETTO: proclamazione stato di agitazione dei lavoratori della Pasquinelli.

Facendo seguito alla nota del 30.7.13, che si riporta in calce, la scriventa O.S. comunica l'avvio dello stato di agitazione dalla giornata odierna.
I lavoratori del primo turno, che questa mattina hanno comunque responsabilmente iniziato il lavoro, dopo la pausa, alle ore 10 non riprenderanno il lavoro fino a soluzione del problema docce e armadietti personalizzati; lo stesso faranno i lavoratori del 2° turno. Allo stato di agitazione partecipano tutti i lavoratori compresi quelli delle "borse lavoro".
Il lavoro altamente sporco alla Pasquinelli non consente alcun ulteriore rinvio. I lavoratori hanno già aspettato tanto, e in piena estate la situazione può diventare pericolosa per la salute degli stessi.
Invitiamo L'Ancora e l'Amiu ad essere responsabili, a non esercitare pressioni sugli operai, perchè questi finora sono stati gli unici a farsi carico dei problemi di portare avanti comunque il lavoro, anche in condizioni non idonee. Ora, occorre urgentemente provvedere, lo prevedono le normative e un minimo di rispetto dei lavoratori.

RESTIAMO IN ATTESA DI IMMEDIATE E POSITIVE COMUNICAZIONI.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

COMUNICATO DEL 30.7.13

A nome dei lavoratori della Pasquinelli, chiediamo di provvedere ENTRO DOMANI all'installazione dei containers per le docce e degli armadietti personalizzati; si fa presente inoltre che la soluzione per l'acqua da bere non è buona, perchè non è a disposizione tutti i giorni ed è distante dal luogo di lavoro.

IN QUESTO PERIODO DI CALDO INTENSO, NON E' POSSIBILE RINVIARE ANCORA LA
SOLUZIONE DI QUESTE QUESTIONI, che sono basilari per la salute dei lavoratori.
Si era detto ai rappresentanti dello Slai cobas che si sarebbero risolti entro fine di questo mese, ma siamo al 30 luglio e non si vede ancora niente.

ATTENDIAMO FINO A DOMANI, IN MANCANZA AVVIEREMO LO STATO DI AGITAZIONE
(compresa la denuncia pubblica)
NON SI PUO' E NON SI DEVE LAVORARE IN QUESTE CONDIZIONI! E DAL 1° DI AGOSTO METTEREMO IN PRATICA QUESTO "PRINCIPIO" DI CIVILTA'.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

Arsenale ovvero fabbrica di Stato con gerarchie militari-assassini di stato su cui non si dice abbastanza - in particolare tacciono tutti i sindacalisti interni ed esterni di questi anni

La lettera «riservatissima» della Marina per nascondere 27 vittime dell'amianto
Già 44 anni fa i vertici della Marina Militare conoscevano i pericoli legati all’uso dell’amianto e i rischi che correvano i dipendenti dell’Arsenale militare di Taranto. Risale al 1969, infatti, il primo screening sanitario, effettuato su 269 arsenalotti dagli studiosi della cattedra di medicina del lavoro di Bari, da cui risultò che il 10% degli esaminati era già affetto dalla malattia (mesotelioma o asbestosi) e un altro 16% presentava sintomi sospetti. La risposta della direzione lavori generali dell’Arsenale fu questa: «E’ in corso, in collaborazione con la sala medica, azione intesa ad allontanare dal posto di lavoro gli elementi più colpiti, ma tale azione dovrà essere opportunamente differita nel tempo per evitare allarmi eccessivi ed ingiustificati». La raccomandazione è contenuta in una lettera datata 14 febbraio 1970 classificata come «riservatissima», finita nel carteggio di un processo in corso a Padova per alcuni militari morti di mesotelioma pleurico. L’eccezionale documento è stato pubblicato ieri dal quotidiano «Rinascita».

La lettera
L’inchiesta del giornale romano che rende pubblici altri documenti riservati di quell’epoca, sempre relativi al pericolo amianto nell’arsenale tarantino, mette in luce le scarse misure adottate dagli allora vertici della Marina che, a tutti i livelli, furono informati sugli effetti deleteri dell’amianto già 22 anni prima che la micidiale fibra fosse messa al bando. Quindi solo 27 operai già colpiti dalla patologia furono «allontanati» (non si sa con quali procedure, comunque «diluite nel tempo per evitare allarmi ingiustificati»), mentre i 42 casi classificati dallo studio come «probabilmente affetti», continuarono a respirare la polvere mortale. Nessuna misura, invece, per tutti gli altri dipendenti. Un comportamento che diventa ancora più scarno se si pensa che lo screening affidato allora al professore Luigi Ambrosi della Medicina del lavoro, fu fatto «per campione al solo scopo - si legge in un altro documento riservatissimo - di contenere la spesa entro i limiti dei fondi stanziati per l’assistenza sanitaria agli operai». Una omissione della fu consenziente anche la comunità scientifica che aveva forse il dovere di divulgare i rischi di una malattia ancora non nota. «Le confermo il carattere squisitamente scientifico di tali indagini - scriveva l’autore dello studio in una lettera riservata inviata alla direzione dell’Arsenale -, i cui risultati non saranno forniti ad organizzazioni sindacali o politiche». Quello studio dimostrò che le categoria più esposte alle fibre di amianto erano, nell’ordine, il saldatore e il carpentiere in ferro, mentre l’età media di rischio esposizione risultò essere di 28 anni. Nel campione esaminato, però, mancavano i sabbiatori e i coibentatori la cui incidenza ad ammalarsi, si è visto in seguito, è stata la più elevata. Era nelle intenzioni degli autori dello studio, inoltre, sottoporre ad opportuni esami clinici anche elementi che esercitavano mestieri collaterali a quelli più a contatto con la micidiale sostanza. I dati allarmanti raccolti, consigliarono il ricercatore a chiedere ai militari di eseguire un’indagine retrospettiva di tutti i lavoratori impiegati in arsenale dal 1945 in poi. Non è dato sapere l’esito, né se sia stato mai fatto questo ulteriore screening. (CdM)

Bondi - costruisce il suo organigramma per ristrutturare con taglio e per bonificare il meno possibile con meno soldi possibili

Il girotondo di uffici e cariche: complicare per perseverare

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All'Ilva di Taranto nasce Dipartimento lavori Aia

E' operativo da oggi il Dipartimento che si occuperà all'interno dello stabilimento di Taranto dell'Ilva di gestire i lavori per l'Aia (Autorizzazione integrata ambientale). La direzione è stata affidata dal commissario Enrico Bondi all'ingegner Erder Mingoli che in passato è stato, tra l'altro, anche amministratore delegato del gruppo Lucchini Rs e ha ricoperto incarichi nel gruppo Montedison, nel gruppo Fiat e in Snia-Bpd.
Lo ha reso noto l'Ilva, sottolineando che ''del dipartimento, che lavorerà in stretta collaborazione con il sub commissario Edo Ronchi, faranno parte anche dieci ingegneri che saranno formati attraverso un progetto di apprendistato di Alta Formazione e Ricerca che l'Ilva sta avviando con importanti atenei pugliesi e nazionali''. Lo scopo ''del programma di formazione - fa sapere ancora l'azienda - è di creare un team composto da professionisti che facciano dell'attenzione per i temi ambientali un caposaldo della propria cultura professionale''.
A seguito ''delle prescrizioni Aia e delle necessità derivanti da impegni già previsti dall'azienda per quanto concerne acqua e rifiuti - informa ancora l'Ilva - è stato stimato un impegno economico di circa 1,8 miliardi di euro sul triennio 2013-2015''. Per il 2013, ''l'impegno economico consuntivo derivante dall'esecuzione di tali interventi ammonta a circa 168 milioni di euro (ovvero il 52% dell'impegno previsto per il 2013)''. Sono state avviate ''misure per il contenimento immediato dell'impatto ambientale, sia per le emissioni convogliate sia per quelle diffuse: si è installata una rete di rilevamento e monitoraggio delle emissioni, (ad esempio, rete di rilevazione, rete idranti dei parchi, sistemi di nebulizzazione) e sono stati emessi i primi ordini per i lavori nelle cokerie, altiforni, acciaierie e per la copertura dei parchi secondari''. (ANSA)

ILVA- AIA 2011 - noi vogliamo altri arresti...

Ilva, l'inchiesta ora punta sull'Aia 2011

Non sarà di fuoco come quella del2012, contrassegnata da arresti, sequestri, scioperi, vertici e udienze, ma l'estate 2013 per l'inchiesta «Ambiente svenduto» si annuncia tutt'altro che all'insegna delle ferie.
Svanita la possibilità di notificare l'avviso di conclusione delle indagini preliminari e depositare la relativa richiesta di rinvio a giudizio in tempo per far proseguire per almeno un altro anno la custodia cautelare a Emilio Riva, suo figlio Nicola e l'ex direttore dello stabilimento siderurgico llva Luigi Capogrosso, il pool di magistrati coordinati dal procuratore Franco Sebastio ha delegato alla Guardia di Finanza di completare gli accertamenti riguardanti l'iter seguito per il rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale il 4 agosto del 2011. Quel provvedimento, frrmato dall'allora ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo, è durato lo spazio di pochi mesi, visto che nel marzo del 2012 la Regione Puglia chiese e ottenne la sua revisione, e con tiene in sè molti dubbi sulla reale efficacia delle misure previste, considerato che mentre a Roma si apparecchiavano i tavoli per la sua formulazione, a Taranto i periti nominati dal gip Patrizia Todisco effettuavano la consulenza disposta tramite incidente probatorio e il cui esito· ovvero gli impianti dell'area a caldo dell'Ilva sono fonte di malattie e morti per operai e cittadini - ha avuto le conseguenze a tutti note. Dunque, una azienda in possesso di Aia e nel proclamato rispetto della stessa, provocava malattie e morti: dov'è l'errore?
I finanzieri stanno acquisendo, e l'attività proseguirà nei prossimi giorni, tutta la documentazione riguardante quell'autorizzazione, nel tentativo di capire come si è giunti al rilascio dell'Aia, chi ha partecipato alle riunioni, quali sono stati i pareri espressi, quali tentativi -in parte già documentati dalle intercettazioni telefoniche - sono stati fatti, ed eventualmente andati a buon fme, da parte dei rappresentanti e dei lobbisti dell'Uva per non inserire prescrizioni eccessivamente penalizzanti dal punto di vista economico.
 L'Aia fu rilasciata il 4 agosto del 2011 dal ministro Prestigiacomo, con il consenso della Regione Puglia e degli enti locali, dopo un'istruttoria di 5 anni e con la previsione di 462 prescrizioni, contro molte delle quali peraltro l'il va propose ricorso al Tar di Lecce. Ma quell'Aia era utile per limitare le emissioni inquinanti dell'Ilva oppure si trattava di un provvedimento sin troppo accondiscendente? Saranno i finanzieri a tentare di trovare una risposta. Intanto, però, un giudizio per molti versi disinteressato giunge dall'ex ministrodell'Ambiente, Corrado Clini, che, a udito nei giorni scorsi
al Senato, ha dichiarato senza mezzi termini che «l'autorizzazione rilasciata il4 agosto 2011 è in larga misura distante, se non in contrasto, con la direttiva europea 2008/ 1/ CE ed il decreto legislativo 128/ 2010 che regolamentano l'Aia. lnfatti le prescrizioni non assicurano una valutazione integrata degli impatti delle attività produttive dello stabilimento e non tengono conto dell'aggiornamento Bat e i dati di base relativi allo stato dell'ambiente (inclusi i dati epidemiologici) nel quale gli impianti
industriali operano, risultano almeno incompleti, e pertanto non sono completamente rispettate le condizioni della direttiva europea 200/1 all'art.6 che richiede come condizione preliminare alla autorizzazione la conoscenza dello stato del sito su cui l'impianto sorge». (GdM - pag.7 - Mimmo Mazza)

PIOMBINO: 4 MILA LICENZIAMENTI IN ARRIVO - Ecco come lavora Bondi


Redazione di Operai Contro, gli imbroglioni del governo Letta parlano di ripresa, ma l’unica ripresa è quella dei licenziamenti. Un vero e proprio dramma sociale potrebbe investire Piombino e affossare l’economia della Val...
Redazione di Operai Contro,
gli imbroglioni del governo Letta parlano di ripresa, ma l’unica ripresa è quella dei licenziamenti.
Un vero e proprio dramma sociale potrebbe investire Piombino e affossare l’economia della Val di Cornia, con conseguenze non solo per quella zona – all’estremo sud della provincia di Livorno - ma per l’intera Toscana.
Lo storico stabilimento che produce acciaio da oltre cento anni , rischia infatti seriamente di chiudere i battenti. E di lasciare quindi senza un lavoro circa 4mila persone (se si considera anche l’indotto).
Il cuore dell’economia di un intero territorio sta per smettere di pulsare. E qui, in un centro di appena 35mila abitanti, lo scenario paventato per la città di Taranto diventerebbe certamente realtà: se chiude l’acciaieria, chiude Piombino.
La crisi che ha colpito l’acciaieria di Piombino (un tempo, come l’Ilva, di proprietà dello Stato) già nel 2003, quando ancora era guidata dalla famiglia Lucchini, non è mai cessata.
Anzi, nonostante il piano di ristrutturazione operato dall’allora commissario Enrico Bondi (sempre lui) e l’acquisizione da parte della Severstal, il colosso russo dell’acciaio di proprietà del magnate Aleksej Mordašov, si è perfino acuita.
Lo scorso dicembre il ministero dello Sviluppo Economico ha accolto la richiesta della proprietà e delle banche di essere ammessi all’amministrazione straordinaria. E a Piombino, per tentare di risanare l’azienda è arrivato, nelle vesti di commissario, Piero Nardi (già ad del gruppo Lucchini e direttore generale dell’Ilva). In 7 mesi poco e nulla però si è potuto fare:
Un operaio dell’acciaieria di Piombino

domenica 28 luglio 2013

Tutti ora reclamano il garante Vitaliano Esposito (anche alcuni che alla sua nomina espressero riserve e critiche) - Ma chi è Vitaliano Esposito noi lo scrivemmo già da gennaio.

Chi è questo Vitaliano Esposito?
Beh, dalle recenti vicende della sua carriera si fa presto a capire che è uno caro all'establishment, amico di Nicola Mancino (si proprio quello del patto con la mafia) e nelle grazie delle destre:


"Un Csm spaccato ha nominato Vitaliano Esposito, 71 anni, napoletano, nuovo procuratore generale della Cassazione. Attualmente avvocato generale in Cassazione e per cinque anni «difensore» dell’Italia davanti alla Corte europea di Strasburgo, Esposito ha avuto la meglio sull’ex parlamentare Salvatore Senese, che fu tra i fondatori di Magistratura democratica. Esposito è passato con 15 voti, contro gli 11 andati al suo concorrente. Ha ottenuto il sostegno delle correnti della magistratura più moderate, Unicost e Magistratura indipendente, dei laici del centrodestra, del vice presidente del Csm Nicola Mancino, del pg uscente della Cassazione Mario Delli Priscoli e della laica dei Ds Celestina Tinelli. Per Senese hanno votato invece i togati di Magistratura democratica e del Movimento per la Giustizia e tutti gli altri laici del centrosinistra, oltre al primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone.
...E' il consigliere Livio Pepino a manifestare il disappunto del gruppo dopo la nomina... E' stata scritta una pagina buia; il Csm è diventato di una parte ed è una sconfitta": Magistratura Democratica, la corrente di sinistra delle toghe, protesta dopo la nomina di Vitaliano Esposito a procuratore generale della Cassazione... tenuto conto della superiorità del profilo professionale di Senese, Pepino aveva parlato del "riemergere di una convetio ad excludendum nei confronti degli incarichi proposti da Magistratura Democratica". E aveva rilevato che la scelta di preferire Esposito a Senese esprimeva la volontà di "cancellare una parte della rappresentanza della magistratura e di trasformare questo Csm in un Consiglio della maggioranza". (ANSA)


Stato-mafia, Napolitano al telefono con Mancino Che cosa si saranno detti?
I nastri del Presidente sono segreti, non quelli di D’Ambrosio. Il consigliere del Quirinale all'ex ministro: "Il presidente sa tutto, dice se lei ha parlato con martelli". I tre mesi che sconvolsero il Colle.


Sulla "vicinanza" di Esposito a certi ambienti berlusconiani:
I consiglieri del Csm e soprattutto il procuratore generale della Cassazione Vitaliano Esposito fanno quadrato per difendere Francesco Iacoviello, il pm che ha chiesto e ottenuto dalla Corte di Cassazione l’annullamento della condanna di Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa.


... E anche dei suoi parenti stretti:
Le cene con Nicole Minetti potrebbero costare qualche grana al sostituto procuratore di Milano Ferdinando Esposito, il nipote dell’ex procuratore generale della Suprema Corte, Vitaliano Esposito.

A quanto pare il nostro Vitaliano è un jolly ricorrente nelle "rogne" di stato, visto che ad aprile era persino stato proposto come presidente RAI

Parlamento a misura di padron Riva e della sua interposta persona, il commissario Bondi

AMBIENTE - Con le modifiche al decreto 61 tempi lunghi per il risanamento e meno vincoli - Il senato è a misura di Ilva
(Gianmario Leone)

"Tra inquinamento e licenziamenti, rischi di svendita e cassa integrazione, i grandi gruppi industriali sono sempre più in affanno. Resiste solo la «grande opera» Tav.
Il decreto legge 61, «Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro in imprese di carattere strategico nazionale», che arriverà in Aula al Senato martedì per l'approvazione, è un lontano parente di quello approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 4 giugno. Il provvedimento, nato per commissariare l'Ilva dopo il disimpegno del gruppo Riva, si è trasformato in un abito cucito su misura per garantire l'attività produttiva del siderurgico e limitare al minimo gli interventi di risanamento sugli impianti previsti dall'Autorizzazione integrata ambientale (Aia).
Le prime, fondamentali modifiche al testo, sono state apportate nelle commissioni della Camera e in Aula, che lo approvò l'11 luglio: 299 i sì, 112 i contrari (M5S e Lega), 34 gli astenuti (Sel). È stato deciso che il decreto sarà applicato all'Ilva di Taranto ed esteso anche agli altri stabilimenti del gruppo: Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica, oltre che ai complessi industriali con non meno di 1000 dipendenti. Introdotta anche la possibilità che il commissariamento riguardi il solo ramo d'azienda che non abbia rispettato l'Aia e non tutta l'impresa, e soltanto «in caso di reiterai pericoli gravi e rilevanti».
Ed è proprio sull'applicazione dell'Aia che la politica è intervenuta a favore dell'Ilva. Innanzitutto prevedendo la sua applicazione entro tre anni: vuol dire che, visti i ritardi accumulati dall'azienda sino a fine maggio come certificato dall'Ispra, si sforerà il limite imposto dal provvedimento licenziato dall'ex ministro dell'Ambiente Corrado Clini lo scorso ottobre (dicembre 2015). Inoltre, sono stati concessi 150 giorni di tempo al sub commissario Edo Ronchi e ai tre esperti nominati dal ministero dell'Ambiente, per redigere il piano di lavoro che prevede la possibilità di rimodulare la tempistica delle prescrizioni. Gli interventi, peraltro, si basano solo sui tempi di attuazione e non sui criteri di rispetto di adeguamento tecnologico e di azioni di risanamento che se non rispettati dovrebbero permettere la riapertura della stessa Aia. 
Chi vigilerà su tempi e modalità?
Non certo il Garante Vitaliano Esposito, silurato da un sub emendamento dei relatori Raffaele Fitto (Pdl) e Enrico Borghi (Pd). Provvedimento che una sua logica ce l'ha, visto che il Garante fu istituito dalla legge 231/2012 del governo Monti, in quanto figura terza atta a controllare che l'Ilva all'epoca gestita dai Riva applicasse rigorosamente l'Aia rilasciata dal ministero dell'Ambiente. Ora che l'azienda non è più privata perché commissariata dallo Stato, una figura terza non serve più.
Il problema è che al posto del Garante, i controlli sono stati affidati al comissario Bondi, alla Regione e agli enti locali: che dovranno fornire ai cittadini «dettagliatissime» e «continue» informazioni sul reale andamento delle operazioni di risanamento. Inoltre, la relazione redatta nell'ambito della Valutazione del Danno Sanitario, non potrà modificare in alcun modo le prescrizioni Aia. Al massimo, la Regione potrà chiederne il riesame (l'ennesimo). E non viene previsto il riesame neppure a fronte di dati epidemiologici e sanitari che risultassero allarmanti, per cui se anche la Regione ne chiedesse il riesame, in linea con quanto permesso dal decreto (art. 1, comma 7), il governo potrebbe opporsi.
Il testo originale prevedeva che i proventi derivanti dall'attività dell'impresa commissariata restino nella disponibilità del commissario nella misura necessaria all'attuazione dell'Aia ed alla gestione dell'impresa. Ma sia Bondi che Ronchi hanno già parlato di un prestito finanziario dell'importo di 1,8 miliardi di euro che arriverà da un gruppo di banche e dalla Bei, che servirà alle attività di risanamento: non è un caso se è stato pensato di riservare alle banche il 60% delle risorse per i creditori in caso di fallimento dell'azienda.
Dunque, siamo molto lontani dai 3,5 miliardi previsti da Clini, dai 2,5 dell'ex presidente Ilva Ferrante, dagli 8 indicati dalla Procura di Taranto e dai 10 suggeriti dai custodi giudiziari. E chi sperava nell'aiuto del Senato per migliorare il testo, è rimasto deluso. Le commissioni Industria e Ambiente di Palazzo Madama infatti, accogliendo una richiesta del governo, hanno deciso di non modificare il testo. Alla base della decisione i tempi stretti per l'approvazione del decreto, che andrà convertito in legge entro il 4 agosto".

I "liberi e pensanti" già allora contro la rivolta degli operai Ilva.

Nei due giorni di blocco, cominciarono a "remare contro" anche i principali esponenti che poi fecero il "Comitato liberi e pensanti", Battista e Ranieri, che il secondo giorno scrissero un appello agli operai in lotta, che poi rinunciarono a diffondere.

In questo appello, dicevano alla fine agli operai di finire i blocchi: "...Chiediamo scusa alla città di Taranto per i disagi causati, il sindacato in questi giorni ha organizzato i blocchi delle arterie principali. Allo stesso tempo, abbiamo saputo che in fabbrica si continua a produrre regolarmente con la compiacenza dei confederali, al contrario Taranto paga ancora una volta per colpe altrui.
Si chiede alla magistratura di svolgere il proprio ruolo senza timori e senza regali.
Si chiede allo stato italiano di farsi carico della vertenza di Taranto, evitando finanziamenti a un’azienda che produce utili, utilizzando quelle risorse per garantire stipendi e occupazione.
Si chiede ai sindacati di iniziare a rappresentare i lavoratori e i loro diritti.
Si chiede a tutti i lavoratori di liberare da subito la città dai blocchi organizzati dai sindacati e di trasferire il nostro presidio all’interno della fabbrica...". 

Oggettivamente questo appello diceva agli operai la stessa cosa che diranno i segretari confederali, rinviando il tutto alla loro manifestazione del 2 agosto con Camusso, Angeletti e Bonanni, per riprendere nelle loro complici mani la situazione.

Questa cosa, che poi i "liberi e pensanti" hanno ripetuto come un ritornello nei mesi successivi, ogni volta, guarda caso, che si intravedeva la possibilità di una nuova esplosione degli operai Ilva, come si vede data da allora. 
Una stupidaggine nel concreto: perchè la città voleva a vuole "liberarsi" dai Riva, governo e istituzioni che attaccano salute, ambiente ma anche lavoro; perchè la maggiorparte delle famiglie di Taranto ha il problema Ilva per un familiare o parente che vi lavora e non li preoccupa certo qualche giorno di difficoltà in città, a fronte di una vera e durta lotta che permetta di difendere realmente salute e lavoro e non a parole; perchè anche in passato solo le rivolte di massa a Taranto hanno permesso di strappare i risultati, non le semplici manifestazioni.
Una azione grave, di tagliare le gambe a una lotta vera dei lavoratori (sia pur da orientare e dirigere nel senso giusto), che hanno bisogno sia di bloccare la fabbrica sia di bloccare la città, per diventare, come noi dicevamo e diciamo, un problema di "ordine pubblico" per padroni, governo, Stato. Altrimenti il resto è chiacchiere...
E come poi tutti hanno visto, chi dice di non bloccare la città, ha cominciato con questa solfa e finisce, come in questi giorni a "dimenticarsi" totalmente degli operai e dell'Ilva e a buttarla tutto su: risanamento Mar Piccolo, riappropriazione del 'Parco archeologico'... e a dimenticarsi anche degli stessi abitanti dei Tamburi...
MA, PER PIACERE...!!

Dopo i 2 gg. di rivolta Ilva cosa occorreva fare - e cosa, purtroppo, non è stato fatto...

DAI COMUNICATI DELLO SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE, POST 26 E 27 LUGLIO.

ORA BISOGNA ANDARE FINO IN FONDO, con lotta, chiarezza e serietà.

Come avevamo sempre detto, la lotta degli operai Ilva poteva esplodere, ed è esplosa, nella forma di una rivolta di massa. La cappa che ha tenuto per anni i lavoratori “compressi” è saltata.
Certo la rivolta è cominciata ambigua e continua ad essere aperta a varie posizioni e a varie soluzioni.
Una parte degli operai difende l'operato di Riva e finisce per ritenere ingiusti i provvedimenti verso i Riva e i dirigenti dell'azienda. Invece per noi è fondamentale distinguere gli interessi operai da quelli dell'azienda.
Ma noi siamo dentro dall'inizio, e dobbiamo continuare ad esserci, portando una linea e una visione di classe, e ascoltando gli operai.
Dobbiamo portare in maniera chiara le nostre parole d'ordine: difesa dei posti di lavoro e del salario; risanamento degli impianti e aree nocive della fabbrica, bonifiche dei quartieri vicino; ogni intervento giudiziario e provvedimento/dispositivo sulla questione ambientale non deve mettere in discussione il posto di lavoro e il salario; siamo perchè Riva e i dirigenti Ilva paghino per la distruzione di salute e ambiente che hanno fatto in questi anni. Ma diciamo altrettanto chiaramente ai lavoratori che questa distruzione è il frutto della vera devastazione fatta da padron Riva in questi anni: produzione spinta ai massimi livelli, sfruttamento degli impianti al massimo, e soprattutto sfruttamento, intensificazione del lavoro per gli operai, per il massimo profitto.
Noi siamo perchè Taranto resti città della grande fabbrica siderurgica, prima in Europa, non vogliamo assolutamente che Taranto perda la sua più importante classe operaia. 
La magistratura non ha distinto le responsabilità di Riva e capi, che vanno colpite, dalla continuità produttiva della fabbrica, dalla questione della difesa rigida del posto di lavoro e del salario operaio, condizione necessaria anche per un intervento pianificato di bonifica. In questo senso l'azione della Magistratura, che è necessaria, si presenta illusoria, sbagliata e controproducente. Illusoria perchè se uccidi la fabbrica non hai nulla da bonificare, sbagliata perchè se vuoi realmente incidere nella vicenda, non solo gli ambientalisti ma anche gli operai sono forza di sostegno per questo, controproducente perchè in questo quadro si crea un'alleanza tra azienda e operai e istituzioni al seguito che non permette di colpire i responsabili né di affrontare la situazione.

Dopo la rivolta del 26 e 27, noi NON siamo d'accordo sulla sospensione dei blocchi, i lavoratori devono continuare a farsi valere e sentire anche in questi giorni, nè pensiamo che giovedì (il 2 agosto) si debba tornare a fare la solita processione, per ascoltare Camusso, Angeletti e Bonanni. Noi con gli operai diciamo “se siamo arrivati a questo punto la colpa è anche dei sindacati confederali che per anni hanno coperto la politica di Riva. Se ci fossero stati prima i Cobas, se fossimo tutti dei Cobas, le cose non starebbero così”. Le proposte e l'azione fatta dallo Slai cobas in questi anni (basti pensare alla richiesta di “Postazione ispettiva” in fabbrica su sicurezza e salute degli operai, ecc.), avrebbero fermato prima la mano di Riva e la magistratura non avrebbe avuto ragione di provvedimenti così gravi. Ma gli operai per paura e anche per visione ristretta non hanno fatto il passo necessario, ora bisogna farlo!
La lotta quindi ora deve rimanere nelle mani degli operai.
Nulla sarà comunque come prima all'Ilva e a Taranto. E' importante che gli operai ora si organizzino come Slai cobas. Lo Slai Cobas deve essere ammesso a tutti i tavoli di trattativa per portare gli interessi operai reali e non quelli dell'azienda e a garanzia che non ci saranno manovre sulla testa dei lavoratori.

Sosteniamo la continuazione della rivolta e l'unità di massa; è stando in questa continuità e unità che dobbiamo lavorare per schierare i fronti sia interni ai lavoratori (in maniera trasversale), sia esterni in città.
In questi primi giorni fondamentale è la lotta unitaria e di massa degli operai, e in particolare che questa lotta resti nelle loro mani come decisione e partecipazione. 
Non tocca a noi contestare sindacalisti o altri. Gli operai lo stanno facendo già da ora. L'unica cosa che conta è impedire la frammentazione e l'esasperazione, entrambi porterebbero ad una sconfitta e a un controllo della situazione.

Chi avviata e dichiarata la guerra in corso all'Ilva è Padron Riva, i suoi strumenti sono innanzitutto un gruppo di capi, impiegati e galoppini che si firmano in maniera truffaldina “Lavoratori Ilva”, e che seminando allarmismo cercano di coinvolgere tutti i lavoratori in una guerra e una crociata sbagliata e perdente a tutela principalmente del padrone, il cui unico interesse è di fare profitti sfruttando gli operai e eludendo fin dove è possibile le leggi sulla sicurezza e di tutela della salute e dell'ambiente, che hanno provocato in questi anni morti sul lavoro, morti da lavoro, tumori e malattie professionali rendendo Taranto, una delle capitali delle fabbriche di morte. Questi signori capi, come piccoli sciacalli, cavalcano le giuste paure e preoccupazioni degli operai, che certamente non vogliono perdere il posto di lavoro, per diventare una sorta di ridicola guardia pretoriana del padrone.

Gli operai coscienti di questa fabbrica devono innanzitutto sottrarsi a questo gioco del padrone e dei loro servi, dimostrare coi fatti di saper ragionare con la loro testa, organizzandosi autonomamente nello Slai cobas per il sindacato di classe Ilva, con dignità e coraggio.

sabato 27 luglio 2013

il 27 luglio dei lavoratori ILVA - Per chi fa finta di non ricordarsi.

Taranto, corrispondenza giornata del 27 luglio, dal ponte girevole


"Se quella di ieri è stata la giornata dell’invasione operaia della città, oggi è il giorno dell’assedio e paralisi completa. Dalla mattinata sono bloccati gli accessi alle statali per Bari e Regio Calabria, il ponte girevole e il ponte Punta Penna ( accesso alle strade da e per Brindisi).
Oggi a Taranto non si entra e da Taranto e non si esce, se non con estrema difficoltà, nè dentro Taranto è facile muoversi.
La mattinata si è aperta con l’assemblea generale all’esterno della portineria D dello stabilimento, tenuta alla presenza dei segretari nazionali Palombella e Landini, da cui gli operai hanno ascoltato parole che gli hanno lasciato poca chiarezza e nessuna fiducia.
Subito dopo sono ripresi i blocchi in tutti i punti strategici per l’accesso e la mobilità. In poco tempo la paralisi della circolazione è stata completa.
Tra gli operai i numeri sono inferiori a quelli di ieri, anche per la dispersione e distanza tra i diversi punti presidiati, resta la stessa confusione di idee e prospettive, ma crescono determinazione e l’insofferenza verso i presunti rappresentanti istituzionali e sindacali. Poche, quasi bandite, bandiere e striscioni dei sindacati confederali.
Buona invece l’accoglienza verso il manifestino dello slai cobas per il sindacato di classe, anche oggi al fianco degli operai in lotta, e le sue parole d’ordine che indicano lavoro e salute come entrambi irrinunciabili, ma anche i responsabili che devono pagare: i padroni, Riva e i tutti i loro amici e complici.
Verso mezzogiorno arriva un camioncino con un lungo rotolo di telo retinato e pali innocenti con cui gli operai costruiscono una specie di porticato lungo tutto un lato del ponte, per ripararsi almeno in parte dal sole a picco. Segno che vogliano andare avanti col blocco ancora per molto.
In conclusione di giornata ha fatto la sua comparsa il sindaco Stefàno, che ha raggiunto il ponte su una volante della polizia. È venuto a offrire il Municipio come ulteriore sito da occupare, per dimostrare che il Comune sta dalla parte dei lavoratori e magari fare del municipio il luogo della protesta, allentando la morsa su tutta la città. per convincere gli operai a stare sereni e avere fiducia, loda l'eccezionale risultato (sic!) ottenuto nel tavolo istituzionale di ieri: 336 milioni (329 pubblici e 7 privati) da spendere in 5 anni per avviare i lavori di bonifica dei siti industriali.
Dal capannello di operai che lo ha circondato riceve brusca diffidenza “basta letterine di Natale”, una richiesta perentoria “vogliamo certezza di lavorare e di non pagare noi nessun altro prezzo” e una promessa “se lunedì stiamo ancora in questa situazione, puoi scordartelo di tenere in pace il tuo primo consiglio comunale”.
Andato via il sindaco, continuano i capannelli e molte voci sul da farsi si accavallano, tra le tante idee comincia a farsi strada quella di tornare prima o poi in fabbrica, ma questa volta per occuparla.


Nel primo pomeriggio l’invito del sindaco a occupare anche il municipio è raccolto da una decina di operai che salgono nel salone degli specchi e vi si tratterranno fino a sera inoltrata.
Dopo il sindaco, tocca al parlamentare PD Vico venire a far passerella tra gli operai ma trova molta meno tolleranza, a stento gli permettono di parlare e viene allontanato sbrigativamente.
Nel frattempo, nella mattina erano maturati due fatti che peseranno gravemente sulla conclusione della giornata di lotta.
Il primo è stata la conferenza stampa dei vertici della Procura di Taranto. Qui il procuratore capo, il procuratore generale e l’avvocato generale di corte d’appello hanno in qualche modo minimizzato il contenuto del provvedimento di sequestro, quasi come mero atto dovuto...
Il secondo fatto è stato l’incontro tra segreterie sindacali e il nuovo direttore dello stabilimento, Ferrante, che, a detta dei confederali, avrebbe invertito di 180° l’atteggiamento tenuto finora dall’azienda in materia ambientale, garantendo l’impegno a restare a Taranto e a rispettare tutte le indicazioni della magistratura.
Tanto è bastato a rasserenare i sindacati confederali, che hanno subito inviato rappresentanti per invitare i lavoratori a “una nuova fase di lotta”, vale a dire: fine dei blocchi entro la serata, fine dello sciopero per le 7 di sabato mattina, e rientro in fabbrica fino a un nuovo sciopero di 24 ore giovedì prossimo il 2, la vigilia della pronuncia del tribunale del riesame, prevista per venerdì 3. Fino ad allora potrebbero esserci al massimo degli scioperi articolati di 2 ore a partire da lunedì. Uno scadenzario modellato sulla difesa legale dell’azienda…
A portare la buona notizia al presidio più visibile, il simbolo della lotta, quello del ponte girevole, si è scomodato di persona il segretario nazionale Uilm, Palombella. È arrivato intorno alle 5 del pomeriggio, quando il caldo e le tante ore di blocco avevano già quasi dimezzato le presenze. All’ombra di uno dei due ponteggi montati la mattina, tra le ripetute interruzioni, proteste e incontri ravvicinati mascella contro mascella, con ostinazione ha argomentato a lungo la fine dei blocchi e il ritorno in fabbrica fino al giorno del riesame.
Tante le voci di dissenso: “non ti sono bastati i fischi che hai preso stamattina? Con che diritto sei andato a parlare per noi e ora ci dici di smettere? Smettila tu, tornatene a Roma!”; “Finora abbiamo creato disagi alla città solo per essere sicuri che da venerdì possa ricominciare a crearli Riva!”; “Fino a ieri ci avete fatto credere che c’erano i messi del tribunale pronti con i sigilli, oggi ci vieni a dire che eravamo su ‘scherzi a parte’”. Alla fine Palombella si è stancato di raccogliere dissensi, radunato il seguito che lo ha accompagnato e spalleggiato, si è allontanato. Pochi minuti dopo sono stati frettolosamente smontati i ponteggi.
Intorno alle 18, è arrivata la notizia che nel centro studi Ilva di Via Duomo, poche decine di metri dal ponte girevole, è in corso la conferenza stampa di Ferrante. Alcuni tra gli operai più esperti e combattivi rimasti al presidio e un gruppo di giovani solidali da poco arrivati hanno deciso di fare un’improvvisata e la loro irruzione ha rotto il copione di sempre delle “conferenze stampa” Ilva a Taranto, compiaciuti monologhi di fronte a giornalisti che annuiscono mentre riempiono o taccuini o reggono microfoni. Hanno fatto domande non scontate, a ribattuto alle risposte. Hanno scombinato i piani al e in serata le tv locali hanno preferito mandare in onda interviste di fortuna girate faccia a faccia mentre la sala rimbombava ancora dei commenti degli invasori piuttosto che le immagini girate dal vivo della conferenza.
Quegli stessi operai, da tempo interlocutori dello Slaicobas, nel pomeriggio, prima della svolta che ha messo fine ai presidi avevano scritto un appello, che poi hanno preferito lasciar cadere e riportiamo per documentazione...".

Emilio e Nicola Riva assassini liberi... La libertà di continuare a gestire la fabbrica per interposta persona - il lurido Bondi - gliela hanno già concessa lo Stato, il governo, il Parlamento, i sindacati confederali

Ilva, un anno dopo gli arresti
tornano liberi Emilio e Nicola Riva

Scaduti i termini di custodia cautelare ai domiciliari per disastro ambientale: i due sono in Lombardia e oggi gli sarà notificata la revoca

Liberi, per scadenza dei termini, dopo un anno di arresti domiciliari. Emilio Riva, presidente dell'omonimo gruppo industriale e già presidente dell'Ilva, e il figlio Nicola, anch'egli già presidente dell'Ilva, lasciano oggi il regime detentivo al quale sono stati costretti dal 26 luglio 2012 con l'ordinanza del gip di Taranto, Patrizia Todisco, nell'ambito dell'inchiesta "Ambiente Svenduto". Per loro, la pesante accusa di disastro ambientale. Sarà oggi la Polizia penitenziaria a notificare ai due Riva, in Lombardia dove risiedono, la revoca della misura cautelare.

Emilio Riva e il figlio Nicola furono arrestati insieme ad altre sei persone il 26 luglio 2012, queste ultime responsabili e dirigenti degli impianti dell'area a caldo dell'Ilva di Taranto. Quelli ritenuti inquinanti dal gip Patrizia Todisco. Ma mentre i dirigenti furono rimessi in libertà dal Tribunale del riesame ai primi di agosto su istanza degli avvocati, i due Riva, invece, hanno sempre visto negarsi in quest'anno trascorso la revoca degli arresti. Verso di loro, un no ripetuto: del gip, del Tribunale del Riesame e della Corte di Cassazione, quest'ultima per due volte. Emilio Riva aveva lasciato la presidenza dell'Ilva oltre un anno prima che esplodesse l'inchiesta sull'Ilva e gli era subentrato il figlio Nicola. Quest'ultimo è stato presidente sino ai primi di luglio 2012, quando già i provvedimenti della magistratura erano nell'aria e l'inchiesta  in una fase molto avanzata essendoci stato l'incidente probatorio con le perizie sui danni dell'inquinamento dell'Ilva.

Cementir - al nord si lotta contro la chiusura - a Taranto NO... come andrà a finire è chiaro

Cementir, Provincia e Regione contro la chiusura

Cementir, Provincia e Regione contro la chiusura ARQUATA SCRIVIA - Anche la Provincia e la Regione chiedono alla Cementir di rivedere la decisione di chiudere il cementificio di Arquata Scrivia. Paolo Filippi, presidente dell'amministrazione provinciale, e l'assessore regionale Riccardo Molinari era presenti mercoledì 24 luglio, insieme al sindaco di Arquata Paolo Spineto e ai sindacati, al nuovo incontro del tavolo provinciale sulla vicenda Cementir che si è svolto ad Alessandria, a palazzo Ghilini. Presenti i rappresentanti della proprietà, che hanno ribadito i motivi che hanno portato all'avvio della procedura di mobilità per tutti i 72 dipendenti.

Le organizzazioni sindacali (Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil) hanno ribadito la loro contrarietà alla decisione aziendale, “pur in presenza di oggettive situazioni di difficoltà sia di mercato che di specifico andamento del sito piemontese in ragione dell'assenza di una cava di calcare di proprietà”. Filippi e Molinari hanno anche illustrato i possibili percorsi di sostegno all'eventuale mantenimento della presenza Cementir sul territorio, “sulla scorta – dicono i sindacati - in particolare della strumentazione derivante dalla Legge Regionale 4 del 2011 in relazione al Terzo Valico”. Piena disponibilità in tal senso anche dal sindaco di Arquata

L'azienda – dicono ancora i sindacati -, pur ribadendo la necessità di andare avanti con la procedura avviata, ha però sottolineato la propria disponibilità a continuare il confronto e verificare, in caso di concreti elementi di novità nel senso indicato dalle istituzioni, la possibilità di modificare la propria posizione con un conseguente mantenimento di una presenza industriale sul territorio. A tal fine nei prossimi giorni si intensificheranno i confronti anche con il coinvolgimento degli assessori regionali Bonino e Porchietto”.
Le segreterie provinciali dei sindacati “considerano positivamente l'attuale evolversi del tavolo, ma ritengono che visti i tempi molto stretti ribaditi dalla Cementir (entro fine agosto) non si possa assolutamente considerare depotenziata l'emergenza di questa crisi e si debba dare ai lavoratori una risposta che garantisca il futuro attraverso la conservazione della presenza dell'azienda sul territorio e con l'utilizzo di strumenti alternativi ai licenziamenti”.











Amiu: azienda male amministrata e per i cittadini Tares aumentata - non paghiamo

Da una nota inviataci dal consigliere comunale Capriulo

Spett.li
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
SINDACO del Comune di Taranto
e, p.c. Procura regionale della Corte dei Conti

INTERROGAZIONE CONSILIARE CON RISPOSTA URGENTE
EX ART. 29 e ss. REGOLAMENTO SUL FUNZIONAMENTO DEL CONSIGLIO COMUNALE

Presentata dal Consigliere Comunale Dante Capriulo

Oggetto: mancata approvazione bilancio d’esercizio 2012 dell’azienda comunale AMIU Spa.

Con la presente chiedo di conoscere per quale motivo, a tutt’oggi, non risulta che la principale azienda comunale, l'AMIU spa, non ha ancora approvato il bilancio d'esercizio 2012, pur essendo la scadenza massima prevista per legge prevista a fine giugno 2013 ed essendo già stata derogata quella ordinaria del 30 aprile 2013.
Tale fatto, già grave di per se, ha delle pesanti ricadute sia sul bilancio comunale che sulle tasche dei cittadini di Taranto. Ad esempio non sarà possibile determinare il valore finale della TARES da pagare per il 2013, se non si conosce il costo del servizio da coprire, che è in larga parte assorbito proprio dall'amiu spa.
Aggiungo che l'azienda ha un costo notevole annuo sui cittadini di Taranto, circa 35 milioni di €uro, rendendo un servizio a dir poco scadente. Basti citare la cronaca degli ultimi giorni: cassonetti stracolmi, città sporca, discariche a cielo aperto, igiene scarsa.
Tutto questo senza che l'azienda dia nemmeno conto di quello che ha fatto nel 2012.
Tale fatto è quindi, a mio avviso, grave e quindi foriero di diverse responsabilità: del sindaco quale rappresentante del socio unico; del presidente e del consiglio d' amminstrazione dell'Amiu spa; dell'organo di controllo della azienda stessa.
Chiedo quindi di conoscere quali intenzioni ha l’amministrazione per porre termine ad una evidente illegittimità e richiamando alla propria responsabilità i vari soggetti interessati.

Dante CAPRIULO consigliere comunale di Taranto

venerdì 26 luglio 2013

Il 26 luglio dei lavoratori ILVA - Chi e perchè vuole calare il silenzio?

Tutti i mass media locali, e anche nazionali, parlano oggi, 26 luglio, della libertà, per scadenza termini, dei Riva e di Capogrosso, e dell'anno trascorso scandito dall'azione della magistratura (a cui comunque si dà poco spazio) e del governo (a cui si dà invece molto spazio).

Nessuno riporta il 26 luglio 2012 dalla parte dei lavoratori Ilva. 
Oggi iniziarono 2 lunghe giornate di rivolta.
Anche sul "fronte operaio" è come si volesse calare un silenzio su questo "anniversario" - pure da parte del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti che oggi fa una ciclopasseggiata, dedicata soprattutto ai bambini... (in cui sembrano lontani mille miglia anche i fatti di pochi giorni dopo, del 2 agosto)
Noi invece vogliamo ricordare quei giorni, perchè nel bene e nel male sono parte della storia recente dei lavoratori dell'Ilva ed è bene tornarci per vedere anche ciò che è stato giusto e ciò che era sbagliato e inutile e a volte controproducente per una vera lotta di classe degli operai, contro padron Riva, governo e Stato dei padroni.

Per questo oggi riportiamo la cronaca diretta che facemmo all'epoca del primo giorno della rivolta che bloccò la città
Domani pubblicheremo la cronaca del secondo giorno.

Taranto: lunga giornata di rabbia operaia


Un lungo pomeriggio di lotta e rabbia operaia oggi a Taranto, con blocchi del ponte girevole e della statale 106 che proseguono ancora e per tutta la notte, mentre i sindacati hanno proclamato lo sciopero a oltranza.
Già ieri gli operai avevano bloccato per un paio d’ore le statali di accesso alla città, al termine dell’assemblea indetta dai sindacati.
Oggi alle 14.00 le agenzie hanno rilanciano la notizia che il G.I.P. Todisco,al termine dell’inchiesta per disastro ambientale, ha disposto il sequestro, senza facoltà di continuità d’uso, dell’area a caldo dello stabilimento Ilva e gli arresti domiciliari per 8 tra proprietari, dirigenti ed ex dirigenti.
Immediatamente l’azienda ha messo in libertà i lavoratori e i sindacati hanno chiamato alla mobilitazione. Un imponente corteo di 8mila parte dallo stabilimento e marcia verso la città.
Hanno bloccato ancora le statali, attraversato la città vecchia, bloccato per oltre un’ora il ponte, e infine raggiunto la Prefettura, dove era in programma un incontro tra prefetto e segreterie sindacali per “ottenere chiarimenti sul contenuto e le conseguenze immediate del provvedimento della Magistratura”.
Al ponte e poi sotto la prefettura si è unita alla folla di operai una delegazione dello Slai Cobas per il sindacato di classe che partecipa alla lotta e sostiene gli operai, ma con parole d’ordine differenti da quelle dei sindacati confederali.
Il coro “il lavoro non si tocca” è rimbombo a lungo per tutto il pomeriggio, ma a parte la feroce determinazione a difendere il proprio lavoro, tra gli operai abbiamo ascoltato anche tanta confusione e poca fiducia in chi li rappresenta.
Molti hanno ripetuto il ritornello azienda e sindacati “perché tanto accanimento contro l’ILVA, mentre nulla si dice dell’Eni, della Marina e delle altre industrie inquinati nel territorio?”.
Ma da tanti abbiamo anche sentito discorsi più simili ai nostri: “l'Ilva non deve chiudere, ma di Riva, e dei politici che hanno gestito l’Italsider quando era pubblica, non ce ne frega niente, devono pagare loro, noi abbiamo già pagato, anche con i nostri morti, loro se ne possono andare, la fabbrica, e il nostro lavoro, devono rimanere”; “se siamo arrivati a questo punto la colpa è di Riva e dei sindacati, che per anni si sono coperti a vicenda, se ci fossero stati prima i cobas, se ora fossimo tutti dei cobas, le cose non starebbero così”.
Dopo un paio d’ore di attesa, escono dal portone i segretari, gli operai si accalcano per ascoltare, c’è frastuono ressa, vola anche qualche spintone. Appena c’è un po’ di silenzio, col filo di voce di un megafono afono il segretario Uilm Talò esordisce con enfasi “oggi , con questa nostra manifestazione abbiamo voluto affermare che è un grave lutto quello che abbiamo subito in questa città…”. Gli sguardi si incrociano mentre tutti ci chiediamo “ma che ha detto? Che vuol dire? Niente!” e giù  altri spintoni e il coro “te ne vai si o no?”.
Alla fine un gruppetto si schiera a protezione del sindacalista, lo circonda e scorta di peso fuori del porticato, lo fa arrampicare sul basamento dei pilastri da dove, sempre con lo stesso megafono da camera, cerca di riferire il contenuto della discussione appena conclusa, in pochi riescono a sentirla.
Abbiamo poi ricostruito che si è trattato di un nulla di fatto: il governo prende posizione contro la chiusura, c’è in corso una procedura d’urgenza per l’immediato riesame del provvedimento di sequestro e l'impugnativa, sono già stati stanziati 336 milioni per gli interventi di bonifica. Tutte cose che la stampa aveva riferito già in mattinata, al termine del tavolo tra regione Puglia, enti locali e ministeri competenti tenutosi a Roma oggi stesso. Tutto buono per Riva, poco o niente per gli operai.
Su come continuare la mobilitazione, la proposta è, più o meno: non ce ne andiamo, ho detto al prefetto restiamo qui fino a quando non riceviamo una risposta soddisfacente. Di nuovo gli sguardi si incrociano perplessi, tutti dicono la loro ma nessuno, proprio nessuno, è disposto a rimanere lì in attesa: c’è chi propone di andare a bloccare la raffineria Eni, chi di riprendere i blocchi di ponte e statali, chi di rientrare nel palazzo. Nel frattempo il numero dei presenti si è ridotto a meno della metà. Alla fine si gruppi di operai riprendono il blocco del ponte girevole e della statale 106, quella per Reggio Calabria, con l’intenzione di portarli avanti per tutta la notte. Domattina assemblea generale fuori della portineria D della fabbrica.

Il deputato di Taranto Chiarelli - che nulla fa per la città - molto attivo con proposte fasciste al servizio di Berlusconi


Diffamazione, la proposta del Pdl.
"Carcere e chiusura dei siti web"

Un emendamento del deputato Pdl Chiarelli propone l'arresto in caso di mancato pagamento della multa per diffamazione e la chiusura dei siti Internet, blog compresi. Mentre Maria Stella Gelmini ha proposto di estendere il reato di ingiuria anche ai social network
ROMA - Carcere per la diffamazione a mezzo stampa e chiusura fino a tre anni dei siti Internet, compresi i blog in caso di mancata rettifica o cancellazione delle frasi diffamatorie entro 48 ore dalla richiesta. E' la proposta del Pdl, contennuta in un emendamento, presentato al testo della legge sulla diffamazione, discusso ieri in Commissione Giustizia alla Camera.
L'emendamento ha avuto il parere favorevole di uno dei relatori delle nuove norme sulla diffamazione, Enrico Costa (Pdl) purché riformulato. Allo stesso Costa, infatti, benché assieme al co-relatore Walter Verini (Pd) ha proposto di estendere le norme sulla diffamazione anche ai quotidiani on line, l'oscuramento dei siti web è sembrato eccessivo. Ma l'emendamento, presentato da Gianfranco Chiarelli non si ferma qui. In caso di recidiva, o in caso di mancato pagamento della multa (stabilita fino a 5 mila euro) da parte dell'autore del reato si prevede l'arresto fino a cinque anni di carcere.

Una marcia indietro rispetto al teso base adottato in commissione dove il carcere era stato eliminato mantenendo solo le multe. Con un altro emendamento viene proposta anche, come pena accessoria per la diffamazione a mezzo stampa, l'interdizione dalla professione di giornalista "per un periodo da uno a cinque anni". Quanto al risarcimento del danno, il deputato Pdl, vuole alzare la pena fino a 100 mila euro (nel testo base adottato dalla commissione l'entità del danno non patrimoniale non può comunque eccedere la somma di 30.000 euro). Ci sono poi una serie di emendamenti a firma della vice presidente del Pdl, Mariastella Gelmini, che potrebbero essere ribattezzate anti-Facebook o anti-Twitter.

Gelmini infatti pensa di cambiare l'articolo 594 del codice penale sull'ingiuria inserendo, tra i mezzi attraverso i quali il reato viene commesso anche "la comunicazione telematica", quindi qualsiasi scritto on line. Nella proposta le pene sono aumentate "qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone", caso tipico delle piazze virtuali dei social network.

L'esame degli emendamenti al testo base sulla diffamazione per ora è stato sospeso a causa dell'ostruzionismo del Movimento Cinque Stelle in aula sul "decreto del fare". I relatori Costa e Verini intanto stanno cercando di arrivare a un compromesso per quanto riguarda le norme su Internet, visto che, come sottolineato da Sel e M5S, durante la discussione generale non era stata affrontata la tematica del web.

giovedì 25 luglio 2013

Fog cannon -- una storia di ordinario taglio di spese per il profitto che si traduce in un danno sanitario e ambientale per i cittadini


Ilva e fog cannon rumorosi, due aziende si tirano fuori da responsabilità


TARANTO – Ieri avevamo riportato una denuncia del comitato “Cittadini e lavoratori Liberi e Pensanti” in merito al forte boato  che si era avvertito nel quartiere “Tamburi” l’altra notte. In una nota stampa, l’evento veniva attribuito “all’avvio contemporaneo, azione del tutto straordinaria, di tutti i fog cannon (i “cannoni” che sparano acqua sui parchi minerali per limitarne lo spolverio in aria)”.
Oggi, sono intervenute  la società Hi Tech International che produce in esclusiva il dispositivo brevettato Fog cannon e la società Ecology, che commercializza il prodotto, per fare chiarezza e tirarsi fuori da eventuali responsabilità.  Entrambe dicono di  ”non hanno mai fornito all’Ilva” tali dispositivi ”che sono del tutto estranei all’incidente” segnalato a Taranto.
”Il dispositivo brevettato per l’abbattimento delle polveri volatili denominato con marchio registrato ‘Fog Cannon’ – riferiscono le due società in una nota – è di esclusiva proprietà della società Hi Tech International che ne ha concesso la commercializzazione in via esclusiva in tutto il mondo alla società Ecology. Il nome Fog cannon – si legge ancora – è registrato in via esclusiva per il dispositivo prodotto”, dispositivi ”che dette società non hanno mai fornito all’Ilva e che sono del tutto estranei all’incidente segnalato”.
NOTA BENE - Dei “Fog cannon” brevettati avevamo parlato su InchiostroVerde il 17 febbraio 2012. A quanto ci risulta l’affare con l’azienda Ecology non andò mai in porto probabilmente perché l’Ilva aveva ritenuto il costo troppo elevato. Avrà preferito risparmiare anche su questo?  - http://www.inchiostroverde.it/news/fog-cannon-il-killer-delle-polveri-sottili.html. Dalla documentazione inerente l’Autorizzazione Integrata Ambientale, emerge che l’Ilva si è successivamente rifornita dalla ditta Semat. Ma quanto sono affidabili ed efficienti questi prodotti?
Alessandra Congedo

Ilva un decreto sempre più "porcata", a sostegno dei porci del capitalismo, RIVA e il suo fedele grancommis Bondi, approvato da una una banda di porci in parlamento PD-PDL-Scelta Civica

Prima l'impresa, poi le banche. E i cittadini mai!




"Nell'esaminare il decreto Ilva in Commissione, abbiamo scoperto una serie di incredibili emendamenti della maggioranza Pd-Pdl-Scelta Civica" che "se approvati garantirebbero in caso di fallimento di Ilva, il pagamento prioritario delle banche prima di ogni altro creditore, in primo luogo i lavoratori"
Lo riferisce il senatore Vito Petrocelli del Movimento 5 Stelle. Si tratta, spiega in una nota, di tre emendamenti di identico contenuto a prima firma Maria Paola Merloni (Sc), Luigi Perrone (Pdl), e Stefano Collina (Pd). Queste proposte prevedono che "i finanziamenti a favore dell'impresa commissariata in qualsiasi forma effettuati" dalla data del commissariamento e funzionali al piano di recupero ambientale e al piano industriale, sono "prededucibili" e quindi hanno priorita' rispetto agli altri crediti
"Il 'virus Monti' che da' precedenza nei pagamenti alle banche rispetto alle imprese e lavoratori, colpisce ancora. Gia' in occasione del decreto sblocca 40 miliardi per i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni, avevamo denunciato e poi ottenuto che la priorita' fosse date alle imprese. Perfettamente in linea con questa impostazione, anche sul decreto Ilva ci opporremo a questo ragionamento e voteremo 'no' a questi emendamenti". (Il Sole 24 Ore Radiocor)

Ilva, meno vincoli sulle discariche e anche aumento della produzione. Bondi-Mucchetti-Governo e Parlamento più quella lurida merda ambientalista Ronchi, banda di assassini al servizio di Riva e del profitto del capitale!

rabbia per l’emendamento leghista

Ipotizzato anche un aumento della produzione di acciaio: l'ira delle associazioni ambientaliste


La produzione non diminuisce. Anzi, è pronta a salire di mezzo milione di tonnellate all'anno. E i rifiuti dell'Ilva e di tutti gli altri stabilimenti di Taranto potrebbero finire in qualsiasi discarica, senza una serie di autorizzazioni fino a oggi necessarie. Nella giungla degli emendamenti alla nuova legge salva Ilva spuntano sempre più funghi avvelenati: norme, grandi e piccole, che come denunciano da giorni la associazioni ambientaliste, "stanno di fatto annacquando il senso della legge, cambiando i principi dell'Autorizzazione integrata ambientale e riconsegnando Taranto all'inquinamento". "Falso" risponde il commissario Enrico Bondi, che si è detto pronto anche a rimettere il proprio mandato nelle mani del Governo ma intanto va dritto sulla sua strada.

A fare scattare l'allarme, alcuni emendamenti e una serie di dichiarazioni raccolte nella due giorni della commissione Senato a Taranto. L'emendamento è quello presentato dai senatori della Lega Nord - e di fatto avallato dal sub commissario Edo Ronchi - che prevede come "le discariche a servizio degli impianti industriali" del distretto di Taranto, debbano essere autorizzate anche soltanto con la Valutazione d'impatto ambientale. Detto così sembra astruso burocratese. Di fatto significa togliere due passaggi oggi necessari per il funzionamento della discarica (quella per la costruzione e per l'esercizio dell'impianto) ma soprattutto, fanno sapere dalla Regione, "significa consegnare l'Italia a una nuova costosissima infrazione europea, sia dal punto di vista ambientale sia di quello della concorrenza visto che con una legge di questo tipo è chiaro che si andrebbe ad alterare fortemente il mercato".

A preoccupare i tecnici e le associazioni sono stati invece alcuni passaggi della Commissione che lasciavano pensare a un possibile incremento della produzione per l'Ilva, superiore anche a quanto previsto dell'Aia: oggi il limite massimo è di nove milioni di tonnellate di acciaio all'anno. Ma l'asticella sta per passare a nove milioni e mezzo. Le commesse ci sono, l'azienda può camminare ma non è affatto chiaro se il piano di risanamento ambientale (che Bondi ha sintetizzato ieri in quattro punti alla Commissione) è oggi in grado di supportarlo. Un tema che evidentemente può interessare la Procura che soltanto dopo l'approvazione dell'Aia per legge da parte del governo Monti aveva dissequestrato il siderurgico. Così come è curiosa la polemica sui "fog cannon", i macchinari utilizzati per l'abbattimento delle polveri. Ieri l'azienda che li ha brevettati - la Hi Tech Internetional - ha fatto sapere di non averli mai venduti all'Ilva. Il siderurgico ha costruito dei cloni, fatti in casa. In ogni caso le carte si scopriranno lunedì quando il decreto tornerà in aula e già mercoledì potrebbe essere votato: secondo alcuni non ci sono i tempi tecnici per apporre ulteriore modifiche e poi riproporle alla Camera.

mercoledì 24 luglio 2013

appalto ENI - verso una soluzione o commedia degli inganni? Aspettiamo martedì

SULL'INCONTRO IN PREFETTURA PER APPALTO ENI

L'incontro tenutosi ieri in Prefettura sull'appalto ENI è stato del tutto interlocutorio e non è emersa ancora nessuna soluzione reale sul problema della tutela del lavoro, dei diritti e del reddito dei lavoratori della De
Pasquale e Rendelin, messi finora fuori nel cambio di appalto, e in prospettiva di tutti gli operai degli appalti. Nonostante le parole e in alcuni casi la buona volontà di trovare una soluzione, finora non si
persegue concretamente l'unica strada che può realizzarla: il pieno riconoscimento della clausola di salvaguarda sociale nei passaggi di appalto che le nuove aziende non vogliono fare e che l'Eni ora si limita al massimo a consigliare.
La seconda questione è la logica degli appalti al massimo ribasso di cui  l'Eni è responsabile che ha portato ai cambi degli appalti.

Senza mettere in discussione questi due punti si va lungo la strada di soluzioni per alcuni e non per tutti e soprattutto di perdita di diritti, con ricadute peggiorative anche negli appalti futuri.

E' inutile, quindi, che tutte le parti ritrovatesi al Tavolo giochino con  gli impegni e le parole. La soluzione c'è ma non è quella che al Tavolo viene posta al centro.

E' stata la lotta dura dei lavoratori, con blocchi anche del varco 2 che ha provocato il giusto e necessario disagio all'Eni e ai rifornimenti, che ha messo in discussione i falsi impegni di 15 gg prima e ha imposto un Tavolo con tutte le parti.
La sospensione dello sciopero è stata obiettivamente una soluzione ricattatoria verso i lavoratori ed è stato quindi del tutto legittimo che lo Slai cobas esprimesse il suo dissenso e facesse permanere lo stato di agitazione.

Lo Slai cobas ha sempre chiesto al Prefetto di essere convocata legittimamente come le altre OO.SS., agli incontri, compreso ieri. Questo non è avvenuto, con violazione da parte del Prefetto della libertà di
rappresentanza sindacale dei lavoratori, tutelata anche dalla Costituzione – e in contrasto anche con atteggiamenti differenti da parte di prefetti di Taranto del passato che non facevano discriminazione tra sigle sindacali.
La mancata presenza dello slai cobas non permette di far pesare anche in questi Tavoli una linea e un'azione coerente con gli interessi dei lavoratori che sposterebbe più in avanti l'impegno di tutte le parti.
Ma questa posizione pesa eccome nella trattativa e i lavoratori anche iscritti ai sindacati confederali lo sanno benissimo. Senza la loro lotta e la pressione dello Slai cobas questa vertenza sarebbe stata già chiusa.

Ora tutti hanno rinviato al nuovo Tavolo di martedì prossimo. Saremmo i primi ad essere contenti se da esso uscisse una soluzione di lavoro e di rispetto dei diritti per i lavoratori. Ma francamente non ci crediamo. E
quello che diciamo alle controparti e ai lavoratori è che i nodi torneranno al pettine e tutti si dovranno assumere le loro responsabilità, sia chi manda a casa i lavoratori sia chi “resta a casa” senza difendere in maniera intransigente i posti di lavoro.

SLAI COBAS per il sindacato di classe
24.7.13

La vergognosa visita dei parlamentari al servizio di Riva, Bondi, Governo... Un altro insulto alla città

La commissione parlamentare sull'Ilva arrivata a Taranto per due giorni ha ulteriormente aggravato la situazione, perchè è stata assolutamente inutile per quanto riguarda la verifica della vera realtà all'interno della fabbrica e in città; assolutamente inutile nell'ascolto delle legittime rimostranze e indicazioni che hanno fatto le associazioni ambientaliste e rappresentanze di lavoratori e cittadini.
Ma non solo è stata inutile, perchè quelli che sono venuti a Taranto sono apparsi come dei messi imperiali mandati direttamente da Riva e dal governo e guidati da un uomo da sempre espressione dell'industria e del grande capitale, Muchetti, prima come giornalista e poi come parlamentare PD. Hanno difeso le ragioni di Riva meglio di Riva stesso, e le ragioni di Bondi meglio di Bondi stesso.
Hanno raccontato la favola di una scelta che in pochi anni ci farà diventare un'isola felice.
Questo è avvenuto perchè ormai, come le dichiarazioni di Bondi nei giorni passati avevano dimostrato, Taranto è diventata la città dove si possono raccontare le barzellette e offendere la memoria dei morti, dei malati, la dignità dei lavoratori, dei cittadini, i magistrati impegnati in questa importante inchiesta, senza che nessuno li cacci come meriterebbero.
Se l'indignazione in città è percepita, essa non si riesce tuttora a trasformare in un'effettiva forza di lotta e di ribellione. Abbiamo da un lato Istituzioni – vedi il Sindaco - che l'unica cosa che riesce a blaterale
è di assumere qualcun altro all'Arpa, Vendola che parla ma solo per i giornali o per le future campagne elettorali e altri, unici che stanno zitti, ma solo perchè sono agli arresti.
Ma chiaramente per questa situazione non bisogna soltanto dare la colpa agli altri.
Pesano altre situazioni: Operai, in parte all'ombra di sindacalisti al servizio di azienda e governo, in larga maggioranza in attesa non si sa di che - tranne poche eccezioni; dall'altra una parte di ambientalisti e
'Liberi e pensanti' impegnati in iniziative ad effetto mediatico che gli danno molta pubblicità ma che non portano nessun risultato concreto agli operai, ai lavoratori del cimitero, agli abitanti del quartiere Tamburi,
ecc.
Con Bondi, Mucchetti e le iniziative puramente mediatiche, la città sta scivolando dalla tragedia alla farsa. Chi non ci sta a questo gioco deve dichiararlo e agire di conseguenza.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe, che pure crede con forza che si possa salvare la fabbrica e i lavoratori, tutelare sicurezza e salute in fabbrica e nei quartieri, ottenere giustizia e risarcimenti, non ha mai
nascosto la verità: che questo è possibile solo ed esclusivamente se si sceglierà la via dello scontro, della rivolta operaia e sociale, del blocco della fabbrica e della città, della risposta ad una guerra che finora
padroni, Stato e governo hanno fatto e che ha provocato morti e feriti solo dalla nostra parte.

A metà settembre, con una iniziativa anche di rilievo nazionale, faremo la nostra parte per chiamare tutti in questa guerra. Ma sin da ora bisogna accumulare forze e unità non per fare quello che è stato già fatto, a volte anche con grandi numeri, ma che non ha portato a risultati reali, ma per fare quello che NON E' STATO FATTO, e che è invece urgente e necessario, non solo per difendere lavoro e salute, ma anche dignità, giustizia per i morti e malati, interesse e futuro della città.

SLAI COBAS per il sindacato di classe

24.7.13

martedì 23 luglio 2013

poster dello slai cobas per il sindacato di classe


coerenza con alcune iniziative avrebbe voluto che non si incontrasse la commissione parlamentare..invece

AI SENATORI IN VISITA A TARANTO VERRA' CONSEGNATO ALLE ORE 12.30 IN PREFETTURA UN SACCHETTO DI "POLVERE MORTALE" DEL QUARTIERE TAMBURI AI PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI INDUSTRIA E AMBIENTE DEL SENATO, MASSIMO MUCCHETTI (PD) E GIUSEPPE MARINELLO (PDL)

 
Conferenza stampa alle ore 10.30 del Fondo Antidiossina e di PeaceLink nell'androne della Prefettura a Taranto per presentare le caratteristiche di tossicità della "polvere mortale" che sarà consegnata ai senatori in visita a Taranto. Nella conferenza stampa Antonia Battaglia spiegherà perché la Commissione Europea ha avviato una procedura di investigazione sull'Ilva di Taranto. Sarà illustrato ai giornalisti un dossier (http://www.peacelink.it/ecologia/docs/4407.pdf) contenente le segnalazioni fatte alla Commissione Europea e verrà spiegato come il decreto 61 in discussione al Senato può ulteriormente peggiorare la situazione dell'inquinamento introducendo sistemi di deroghe e proroghe nelle prescrizioni dell'AIA che potrebbero portare persino ad eliminare dalle prescrizioni la stessa copertura dei parchi minerali da cui provengono molte polveri che inquinano Taranto e vengono inalate e anche ingerite dai bambini. 
 
AUDIZIONE  Nell'audizione delle associazioni ambientaliste e civiche alle ore 12.30 in Prefettura, Fabio Matacchiera (Fondo Antidiossina) e Alessandro Marescotti (PeaceLink) consegneranno ai presidenti delle Commissioni Industria e Ambiente (Massimo Mucchetti, del PD, e Giuseppe Marinello, del PDL) un sacchetto di "polvere mortale" raccolto nel quartiere Tamburi di Taranto, precisamente nella casa della famiglia Corisi dove è deceduto per tumore ai polmoni il signor Peppino Corisi.

DOVE E' STATA RACCOLTA LA "POLVERE MORTALE"

La polvere è stata raccolta nel quartiere Tamburi dentro l'amitazione del signor Peppino Corisi, il quale aveva affisso - assieme ai cittadini del quartiere Tamburi di via De Vincentis, via Lisippo, via Troilo e via Savino - una targa in cui c'è scritto: "Nei giorni di vento nord-nord/ovest veniamo sepolti da polveri di minerale e soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale "ILVA". Per tutto questo gli stessi "MALEDICONO" coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare".
la targa dei cittadini del quartiere tamburi
la targa dei cittadini del quartiere tamburi

Peppino Corisi, prima di morire di tumore ha chiesto che sotto la sua finestra venisse affissa una targa con la scritta "ennesimo decesso per neoplasia polmonare". Ed è proprio dalla casa di Peppino Corisi che è stata prelevata la "polvere mortale" che sarà consegnata ai presidenti Massimo Mucchetti e Giuseppe Marinello. (Peacelink)

Cittadini e senatori




Nel corso della giornata i cittadini hanno presidiato la prefettura dove erano riuniti i senatori della commissione per la seconda legge salva Ilva.

Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti

Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti
Alcuni senatori sono stati fotografati mentre attraversavano gli impianti Ilva in pullman (ben sigillati).

Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti

lunedì 22 luglio 2013

Casa pulita per gli ospiti illustri

Ascolta con webReader
Comunicato stampa - Taranto, 22/07/2013

Poche ore fa si è tenuta, davanti la portineria A dell'ILVA di Taranto, la conferenza stampa del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti.
La conferenza è stata incentrata su importanti notizie relative alla visita delle commissioni ambiente e industria del Senato nello stabilimento tarantino in data 22 e 23 luglio.
Il Comitato ha denunciato una e-mail "interna" inviata da un fiduciario ai coordinatori dei reparti interessati dalla visita delle commissioni (di sicuro quindi non gli altoforni, non le discariche e non i parchi minerali!), la quale "avvertiva" dell'arrivo dei "Parlamentari" e invitava tutti a rispettare determinate regole (in elenco nella mail), disposizioni che in realtà dovrebbero essere rispettate e applicate tutti i giorni nel rispetto delle pratiche operative degli impianti.

Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti


Vogliamo, inoltre, sottolineare che procedono le operazioni di pulizia straordinaria di tutto lo stabilimento iniziate, presumibilmente, in previsione dell'arrivo dei parlamentari. Molti operai sotto contratto di solidarietà sono stati richiamati a lavoro e addirittura in prestazione lavorativa STRAORDINARIA per espletare le azioni specificate nella mail di cui sopra.
Il Comitato, nelle parole di uno dei suoi portavoce, si è proposto per accompagnare le commissioni in visita all'interno della fabbrica per mostrare loro la MANCATA REALIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI PREVISTI PER L'ADEGUAMENTO DEGLI IMPIANTI.

Un altro caso anomalo. In data 27 luglio 2006 un'ordinanza a cura del Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione U.O. di Taranto e Martina Franca, Prot. n. 01342/7/06, richiedeva il ripristino delle bottigliette d'acqua sigillate (sostituite con erogatori di acqua potabile risultati, sulla scorta di una serie di esami, carenti dal punto di vista igienico sanitario) negate dall'azienda perché "causa di inquinamento ambientale", azione già denunciata precedentemente da alcuni operai della fabbrica. Nonostante l'ordinanza prefettizia, gli erogatori d'acqua restano in fabbrica fino ad una settimana fa quando, dopo quasi 7 anni, la direzione ne ha sollecitato la rimozione, quasi in concomitanza con l'arrivo delle commissioni ambiente e industria del senato.

In conclusione, si comunica che il forte boato avvertito la scorsa notte intorno alle ore 2:45 è stato causato dall'avvio contemporaneo, azione del tutto straordinaria, di tutti i fog cannons (i "cannoni" che sparano acqua sui parchi minerali per limitarne lo spolverio in aria).

Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti