giovedì 23 febbraio 2017

Da un operaio dell'Ilva: solo la rivolta ci può salvare!

Gli acquirenti dell’ILVA cinguettano. Così cinguetta il padrone indiano Sajjan Jindal, presidente di Jindal South West, società indiana entrata a novembre nella cordata per Ilva di Acciaitalia.
«L’utilizzo del gas in siderurgia in sostituzione del carbone non è una chimera o una fantasia irrealizzabile. È una realtà tecnologica e industriale che applichiamo da tempo nelle nostre acciaierie in India. Se ci aggiudicheremo l’Ilva con Acciaiitalia , sarà con il preridotto e altre soluzioni tecniche basate sul gas che faremo tornare blu il cielo e pulita l’aria di Taranto ed elimineremo sostanze nocive cancerogene come gli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici) che sono conseguenza dell’uso del carbone».
Il nuovo padrone ci dice che per anni abbiamo respirato e respiriamo sostanze cangerogene. Per anni abbiamo lavorato con la morte sulle spalle e il governo italiano ci costringe ancora a farlo.
 

Il padrone indiano a migliaia ha ammazzato gli operai dell’acciaio indiano. Con i profitti realizzati con il sangue degli operai indiani ora vuole comperare la nostra schiavitù.
 

Dopo i contratti di solidarietà i sindacalisti mazzettari si preparano a dare la CIG ai padroni. E' una prova dei licenziamenti. Qualsiasi sia la cordata che acquisterà l’ILVA.
 

La cordata Arcelor-Mittal e Marcegaglia non è migliore. Basta chiedere agli operai dell’acciaio di Florange in Francia e agli operai dell’acciaio di tutta l’europa.
Voglio solo riportare una notizia dal Belgio del 2013: ”Condannato alla disoccupazione, si è dato la morte. E a due anni esatti dall’annunciata chiusura degli alti forni per cui lavorava. Autore del gesto disperato, un dipendente dello stabilimento Arcelor Mittal di Liegi che, in una lettera affidata a un amico e sindacalista, accusava i vertici dell’acciaieria di “avergli tolto tutto”. “Ho provato a restituirgli la lettera, ma non ha voluto – racconta il delegato della FGBT Frédéric Gillot -. La chiusura dello stabilimento lo faceva soffrire molto, ogni volta che ci incontravamo, che veniva qui o che toccavamo l’argomento”. Ancora adolescente al suo ingresso in fabbrica, dopo 31 anni di servizio l’uomo era destinato a perdere il posto, come suoi altri 2.000 colleghi dello stabilimento belga per cui lavorava. La direzione dell’acciaieria si è detta profondamente toccata dall’accaduto, rifiutandosi tuttavia di fare ulteriori commenti. La Federazione Belga dei Lavoratori dal canto suo accusa: “E’ stato assassinato dalla politica di tagli di Arcelor Mittal”.
 

Noi operai dobbiamo ribellarci. Basta con il lavoro di schiavi salariati. Il lavoro salariato non ci dà ne libertà ne dignita.
Basta con il ricatto del lavoro - Ogni padrone sarà peggiore del precedente

Operai dell’acciaio solo la rivolta ci può salvare.

 
Un operaio dell’ILVA

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