giovedì 8 marzo 2018

GIOVEDI' ROSSI DI FORMAZIONE OPERAIA - SUL 2° CAP. DE 'IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA' - I “VALORI” E GLI INTERESSI DELLA BORGHESIA E QUELLI DEI COMUNISTI

Rispetto al 2° capitolo “Proletari e comunisti”, ci soffermiamo su alcuni significativi passaggi:

1) In che cosa si differenzia la lotta dei comunisti dalle lotte precedenti? Anche le precedenti proprietà private sono state soppresse, la lotta delle classi ha portato ad un’incessante trasformazione dei rapporti di proprietà, ultima la borghesia ha abolito la proprietà feudale; ma il comunismo abolisce LA “proprietà privata” e pone le basi per la fine della lotta di classe.

2) Marx ed Engels nel controbattere alle “accuse” che i difensori della società borghese rivolgono ai comunisti, mostrano dietro gli ipocriti orpelli, la reale natura brutale, oppressiva, via via sempre più disumana dei “valori” borghesi; mostrano che non vi sono “valori” generali, “leggi eterne” valide per tutti, perché questi valori hanno significato ed effetti opposti per i borghesi e i proletari; ma mostrano nello stesso tempo che è la stessa borghesia a porre le condizioni per l’abolizione del suo sistema di produzione e sociale; mostrano, infine, che i proletari per conquistare una umanità, devono necessariamente farsi “becchini” del mostro della borghesia.
Quali sono alcuni di questi “valori” che la borghesia accusa i comunisti di voler abolire?

- la “proprietà …. base di ogni libertà , attività e indipendenza personale”; ma essa significa per i proletari sfruttamento, lavoro salariato, mancanza assoluta di proprietà; per il borghese significa incremento continuo del capitale, proprietà e ricchezze enormi. Quando i borghesi parlano di
proprietà, di libertà, parlano della “loro proprietà”. E questa sì che i comunisti vogliono abolirla!
Ma il capitale è un prodotto sociale, e, quindi, crea esso stesso le condizioni perché la produzione sia di tutti i membri della società perdendo il suo carattere di appropriazione privata;

- “la libertà, la personalità…”; certo, i comunisti vogliono abolire “la personalità, l’indipendenza e la libertà del borghese”, per mettere fine al fatto che “nella società borghese il capitale è indipendente e personale mentre l’individuo attivo è dipendente e impersonale”; per mettere fine al fatto che nella società borghese “libertà, indipendenza” valgono solo per un pugno di persone e presuppongono e si basano sulla mancanza di libertà e indipendenza della stragrande maggioranza delle persone.
I borghesi accusano i comunisti di voler abolire “la persona”, ebbene sì se per “persona” la borghesia intende solo i suoi membri e nega il diritto stesso di essere considerati “persone” a milioni e milioni di esseri umani, li rende appendici delle macchine, macchine esse stesse per produrre pluslavoro e quindi plusvalore. Per questo suo “nobile” fine la borghesia non ha alcuna umanità, quando serve butta nella produzione anche i bambini, come i tanti bambini che costituiscono oggi la giovanissima classe operaia di paesi come l’India, il Pakistan. Per questo “umano” fine, non si fa scrupolo di rovinare la salute e la vita agli operai, delle operaie, di spezzare i legami familiari (e non il secolo scorso, ma nei nostri giorni).
Per questo il proletariato per il solo fatto che esiste, per esistere, deve essere sempre in lotta contro il capitale.

Il borghese accusa che i comunisti vogliono abolire la “cultura”, le sue “idee”, intendendo la sua cultura di classe come cultura in generale; ma la cultura di cui parlano i borghesi per la maggioranza delle persone significa solo processo di trasformazione in forza lavoro per il capitale, in persone che non devono pensare, o devono ripetere, come se fossero proprie, le idee della classe dominante; giacchè “anche le vostre idee – scrivono Marx ed Engels – sono un prodotto dei rapporti di produzione e di proprietà borghese, e parimenti il vostro diritto è solo la volontà della vostra classe elevata a legge…”.
Questo punto è importante per contrastare anche tra lavoratori l’idea che la cultura, le stesse loro idee sono autonome, non determinate.

- I borghesi inorridiscono di fronte al disegno dei comunisti di “abolire la famiglia”, “di distruggere i rapporti famigliari più cari”, di voler “adottare la comunanza delle donne”, ecc. Quanto sia ipocrita questa difesa della famiglia, delle donne, è più che palese anche nei giorni nostri guardando ai massimi rappresentanti della borghesia: la “famiglia” per i borghesi è fondata solo sul capitale, sui meri rapporti di interesse, la considerazione della propria moglie è al pari di quella verso una prostituta; per i proletari, la borghesia negando la possibilità, la felicità dei legami familiari, costringendo ad una vita quotidiana di fatica, mancanza di diritti, oppressione, frustrazione, distrugge essa stessa la famiglia, vede essa la donna solo come “strumento di produzione”, di riproduzione della forza lavoro, su di essa scarica i compiti che dovrebbero essere sociali.
La borghesia vuole perpetuare questa ipocrisia, i comunisti vogliano solo togliere questi veli e rendere, “una volta scomparsi gli attuali rapporti di produzione”, effettivamente liberi i legami di amore e familiari.

3) Un altro punto dello scritto di Marx ed Engels, forse più difficile da comprendere realmente anche dagli stessi lavoratori e su cui l’influenza delle idee della borghesia riescono a fare più presa, riguarda il rapporto tra idee e condizioni sociali di esistenza, tra coscienza dei singoli individui e realtà materiale di classe.
Scrivono Marx ed Engels: “occorre avere acuta intuizione per comprendere che, mutando le condizioni di vita degli uomini, le loro relazioni sociali, la loro esistenza sociale, cambiano in essi anche opinioni, punti di vista, e idee, insomma cambia anche la loro coscienza?... Le idee dominanti di un’epoca sono sempre state unicamente le idee della classe dominante… la dissoluzione delle vecchie idee avanza parallelamente alla dissoluzione dei vecchi rapporti di vita… La rivoluzione comunista è la rottura più radicale con i rapporti di proprietà tradizionali; non ci si deve meravigliare che nel corso del suo sviluppo si giunga alla rottura più radicale con le idee tradizionali”.

E' effettivamente difficile smantellamento l’idea, comune tra gli stessi lavoratori d’avanguardia, che determinante, punto di partenza per l’avanzamento della lotta di classe delle masse, della lotta rivoluzionaria, sia la coscienza, e non la pratica della lotta di classe. Ma da tutte le esperienze di lotte emerge chiaro che non viene prima la “coscienza” e poi la "lotta”, ma che attraverso, nel corso della lotta si trasformano le idee, si mettono in discussione le vecchie idee e si acquisiscono di nuove. 
Se questo è vero anche in una singola lotta importante, a maggior ragione è vero nel processo rivoluzionario, che non viene fatto da proletari già “rivoluzionari”, ma da proletari con tutte le loro idee sbagliate e che nel corso della rivoluzione come scrive Il Manifesto giungono “alla rottura più radicale con le idee tradizionali”. 
Quindi se è l’avanzamento della lotta che fa cambiare la coscienza, non si tratta di aspettare che cresca la coscienza o essere critici-critici, o prima illusi poi disillusi appena le masse esprimono o seguono le idee tradizionali; ma occorre che i comunisti siano prima di tutto combattenti d’avanguardia contro la borghesia.

L’altro smantellamento riguarda l’altrettanto facile idea che ciò che uno pensa, le proprie idee sono “proprie” e non, come dicono Marx ed Engels, frutto delle idee della classe dominante; questo è comune anche tra settori di operai e lavoratori d’avanguardia ed ha conseguenze negative nel capo soprattutto ideologico proprio nel rapporto tra avanguardie e masse e nel rapporto con la realtà. Esistono anche tra i lavoratori aspetti di personalismo, di pensare che ciò che dicono è il frutto delle ”loro” idee. Ecco pensare in questa maniera non aiuta la comprensione della realtà della lotta di classe. E' proprio quando ci si illude di essere indipendenti dalle idee della borghesia (nelle sue varie espressioni: padroni, partiti, mass media, ecc.) che si allentano le armi critiche ideologiche, politiche, teoriche della lotta di classe e si diventa “spugna” delle idee della classe dominante.

Nello stesso tempo questo dibattito pone nuovamente la questione del partito come unica possibilità dei proletari per essere, come classe organizzata, autonomi ideologicamente, teoricamente, politicamente dalla borghesia; pertanto per i proletari avanzati il processo di acquisizione di coscienza rivoluzionaria è un processo collettivo che trova nella costruzione del partito comunista il suo principale strumento.
Questa è una battaglia, anche critica, importante che si pone oggi tra gli operai, i lavoratori, i proletari e le proletarie, e che richiede lotta verso chi ostacola questo processo, siano i riformisti, siano i portatori di ideologie anarchiche, operaiste.

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